L’Ordinanza 9 maggio 2018, n. 11080 della Sezione Tributaria (Pres. Cappabianca, Rel. Giudicepietro), torna, tra l’altro sulla questione del valore probatorio della perizia UTE in materia di accertamento di valore immobiliare. Questione che, per altro verso, è stata posta recentemente con riferimento più marcato alla motivazione della sentenza che alla perizia faccia riferimento (Cfr. Cass. 8249/2018).
E, in linea con quest’ultima (perlomeno nelle conclusioni), la Corte ricorda come in tema di accertamenti tributari, qualora la rettifica del valore di un immobile si fondi sulla stima dell’UTE o di altro ufficio tecnico, che ha il valore di una semplice perizia di parte, il giudice investito della relativa impugnazione, pur non potendo ritenere tale valutazione inattendibile solo perché proveniente da un’articolazione dell’Amministrazione finanziaria, non può considerarla di per sé sufficiente a supportare l’atto impositivo, dovendo verificare la sua idoneità a superare le contestazioni dell’interessato ed a fornire la prova dei più alti valori pretesi ed essendo, altresì, tenuto ad esplicitare le ragioni del proprio convincimento” (Cass. sent. n. 9357/2015).
Nel caso specifico si ritiene che il giudice di rinvio, senza alcuna inversione dell’onere della prova, abbia correttamente operato affiancando alla perizia (di parte) la constatazione della sussistenza di molteplici elementi indiziari che, unitariamente considerati, consentivano, a suo giudizio, di ritenere fondato l’accertamento.
Rimane l’insufficienza della perizia come unico elemento su cui si fonda l’accertamento, in linea con un orientamento della Corte da ritenere ormai in via di consolidamento.