Accertamento bancario: la presunzione di maggiori ricavi da prelevamenti non giustificati non deve trascurare di tenere in considerazione i relativi costi, pur se presunti.

by AdminStudio

La Sezione Tributaria della Corte di Cassazione, con Ordinanza 7 ottobre 2025 n. 26966 (Pres. La Rocca, Rel. Putaturo Donati Viscido Di Nocera), accogliendo una specifica eccezione del contribuente in relazione alla violazone degli artt. 32 del D.P.R. n. 600/73 e 51 del D.P.R. n. 633/72, 2727 e 2729 c.c,. chiarisce come applicare la presunzione di maggiori ricavi derivanti da movimenti contabili – sia versamenti che prelievi – effettuati da un imprenditore.

Al riguardo si rammenta che la Corte ha precisato che l’art. 32 D.P.R. n. 600/1973, al pari dell’art. 51 D.P.R. n. 633/1972, impone di considerare ricavi sia i prelevamenti, sia i versamenti su conto corrente, salvo che il contribuente non provi che i versamenti siano registrati in contabilità e che i prelevamenti siano serviti per pagare determinati beneficiari; nell’ipotesi in cui l’Amministrazione finanziaria contesti complessivamente l’inattendibilità della contabilità, il giudice del merito deve, in ogni caso, verificare l’efficacia dimostrativa delle prove fornite dal contribuente rispetto ad ogni singola movimentazione al fine di verificare che le movimentazioni bancarie siano o meno riferibili ad operazioni imponibili ai fini reddituali” (Cass., 13 dicembre 2023, n 34926; Cass., 5 aprile 2022, n. 14353; Cass 10013 del 2025).

La Corte costituzionale, con sentenza n. 10 del 2023, si è pronunciata sulla legittimità costituzionale dell’art. 32, primo comma, n. 2, del D.P.R. n. 600 del 1973, nella parte in cui pone la presunzione per la quale i prelevamenti sul conto corrente, se non risultano dalle scritture contabili, sono considerati ricavi dell’imprenditore commerciale, salvo che ne sia indicato il beneficiario e, dopo avere richiamato la sentenza n. 228 del 2014 (che, come già detto, aveva differenziato rispetto agli imprenditori la posizione dei lavoratori autonomi e dei professionisti, ritenendo solo rispetto a questi ultimi che la norma con riferimento ai prelievi fosse lesiva del principio di ragionevolezza e di capacità contributiva) e la sentenza n. 225 del 2005 (che aveva già deciso su alcune questioni afferenti alla legittimità costituzionale rispetto ai parametri di cui agli artt. 3 e 53 Cost. della presunzione di equiparazione dei prelievi ai ricavi espressa dalla norma censurata) ha ritenuto non fondate le questioni di costituzionalità dell’art. 32 del D.P.R. n. 600 del 1973; ciò, tuttavia, in base alla possibilità di un’interpretazione adeguatrice, orientata alla conformità agli evocati parametri, precisando (al punto 8 e 9) che bisogna tener conto dei costi in misura percentuale rispetto ai ricavi accertati e ha, pertanto, statuito che “la disposizione censurata in tanto si sottrae alle censure mosse, in riferimento agli evocati parametri, dalla Commissione tributaria rimettente sì che le sollevate questioni possono essere dichiarate non fondate – in quanto si interpreti nel senso che, a fronte della presunzione legale di ricavi non contabilizzati, e quindi occulti, scaturente da prelevamenti bancari non giustificati, il contribuente imprenditore possa sempre, anche in caso di accertamento analitico-induttivo, opporre la prova presuntiva contraria e in particolare possa eccepire la “incidenza percentuale dei costi relativi, che vanno, dunque, detratti dall’ammontare dei prelievi non giustificati”.

Più specificamente, la Corte Costituzionale, richiamato il principio secondo il quale, nell’ipotesi di accertamento induttivo “puro”, deve riconoscersi la deduzione dei costi di produzione, determinata anche in misura percentuale forfettaria, ha ribadito che l’interpretazione adeguatrice, orientata alla conformità ai parametri di cui agli artt. 3 e 53 Cost., richiede che il contribuente imprenditore possa sempre articolare la prova presuntiva e, in particolare, eccepire la “incidenza percentuale dei costi relativi, che vanno, dunque, detratti dall’ammontare dei prelievi non giustificati” affinché la presunzione in esame risulti essere compatibile, in particolare, anche con il principio di capacità contributiva (art. 53, primo comma, Cost.) e ha precisato che: “Però, nell’esaminare la questione della deducibilità dei costi anche a fronte di un accertamento analitico contabile compiuto mediante indagini bancarie, occorre considerare che la disposizione censurata consente all’amministrazione finanziaria di avvalersi di una presunzione che, quanto all’equiparazione dei prelevamenti ai ricavi, è in realtà duplice (o di secondo grado): i prelievi sarebbero utilizzati per sostenere costi occulti, i quali a loro volta avrebbero generato pari ricavi non risultanti, anch’essi, dalla contabilità dell’imprenditore. In una fattispecie siffatta dunque – tanto che il metodo di accertamento sia analitico-induttivo, quanto induttivo cosiddetto “puro” – finirebbe effettivamente con il violare i principi di ragionevolezza e di capacità contributiva un sistema nel quale fosse consentito alla stessa amministrazione dimostrare, in virtù di un meccanismo inferenziale di secondo grado, che i prelievi del contribuente-imprenditore sono serviti per sostenere costi “occulti”, dai quali sono stati prodotti ricavi “occulti”, pari ai prelievi in questione, senza che sia possibile la deduzione dei costi sostenuti dall’imprenditore per produrre tali ricavi, secondo una prova contraria per presunzioni offerta da quest’ultimo. Da una parte, infatti, da tale sistema deriverebbero esiti irragionevoli perché finirebbe per prevedere un trattamento più severo, quanto al regime della possibile prova contraria rispetto alla presunzione legale in esame, in danno del contribuente che ha tenuto una contabilità complessivamente attendibile (e che può essere destinatario di un accertamento analitico-induttivo), rispetto al regime probatorio di cui si avvale chi, destinatario di un accertamento induttivo, ha omesso qualsiasi contabilità ovvero ne ha tenuta una complessivamente inattendibile o ha posto in essere gravi condotte, quale l’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi. D’altra parte, la presunzione in esame, quanto ai prelievi bancari recuperati a reddito d’impresa quali ricavi “occulti”, si porrebbe in contrasto con il principio della capacità contribuiva poiché, in mancanza di alcuna deduzione di costi, desumibile in via presuntiva, anche con riferimento alle “medie” elaborate dall’amministrazione finanziaria per il settore di riferimento, finirebbe per tassare, in parte, una ricchezza inesistente laddove, invece, ogni prelievo tributario deve avere una causa giustificatrice in indici concretamente rivelatori di ricchezza (ex plurimis, sentenze n. 156 del 2001, n. 111 del 1997, n. 21 del 1996, n. 143 del 1995, n. 179 del 1985 e n. 200 del 1976)” (cfr. paragrafo 8 della sentenza delle Corte Costituzionale n. 10 del 2023).

Ciò comporta il superamento di quella giurisprudenza costante, in materia di prova contraria incombente al contribuente per vincere la presunzione relativa di cui al citato art. 32 del D.P.R. n. 600 del 1973, secondo cui è onere del contribuente dimostrare la sussistenza di specifici costi e oneri deducibili, fondata su concreti elementi di prova (cfr. Cass., 16 luglio 2020, n. 15161), avvicinando il riconoscimento della detrazione dei costi, in relazione ai prelevamenti non giustificati, al regime forfettario proprio dell’induttivo puro.

Viene quindi ribadito il già enunciato principio di diritto: “In tema di accertamenti bancari di cui all’art. 32 D.P.R. 602/1973, a fronte della presunzione legale di ricavi non contabilizzati, e quindi occulti, scaturenti da prelevamenti bancari non giustificati, il contribuente imprenditore può sempre, anche in caso di accertamento analitico-induttivo, eccepire la incidenza percentuale dei costi relativi, che vanno, dunque, detratti dall’ammontare dei prelievi non giustificati” e ha affermato che “Ove detti costi non siano stati riconosciuti dall’Amministrazione finanziaria, va demandato al giudice di merito l’accertamento dell’ammontare dei costi sostenuti per la produzione del reddito, in ragione del parametro individuato nel par. 8 della sentenza della Corte Costituzionale n. 10 del 2023, quantificandoli in via presuntiva, anche con riferimento alle “medie” elaborate dall’amministrazione finanziaria per il settore di riferimento, o, se del caso, anche a mezzo di consulenza tecnica d’ufficio” (Cass., 8 marzo 2023, n. 6874; Cass 10013 del 2025).

 

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