Accertamenti bancari su conti intestati a terzi: compete all’Ufficio l’onere probatorio della formale intestazione ovvero della disponibilità di fatto.

by AdminStudio

“Nel caso di conti intestati a terzi, l’Ufficio, al fine di avvalersi della presunzione legale in oggetto (art. 32, primo comma, n. 2, d.P.R n. 600 del 1973), deve fornire la previa prova, anche per presunzioni (purché qualificate), che il conto bancario intestato a terzi sia nell’effettiva disponibilità del contribuente, al quale pertanto sono attribuibili le movimentazioni fiscalmente rilevanti”.

Questo il principio di diritto ribadito con ordinanza n. 5529 (Pres. Di Marzio, Rel. Angarano) del 2 marzo 2025 dalla Sezione Tributaria della Corte di Cassazione.

Nei fatti l’Ufficio procedeva ad indagini bancarie sui conti correnti intestati ad un contribuente ed anche a suoi familiari e recuperava a tassazione le operazioni ritenute non giustificate imputando le medesime a maggiori redditi derivanti dall’esercizio dell’attività di intermediazione immobiliare. Il contribuente, soccombente nei due gradi del giudizio, ricorreva dunque per Cassazione.

Come ricordato dalla Corte “In tema di accertamenti bancari, gli artt. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 51 del d.P.R. n. 633 del 1972 prevedono una presunzione legale in favore dell’erario che, in quanto tale, non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729 c.c. per le presunzioni semplici, e che può essere superata dal contribuente attraverso una prova analitica, con specifica indicazione della riferibilità di ogni versamento bancario, idonea a dimostrare che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non attengono ad operazioni imponibili, cui consegue l’obbligo del giudice di merito di verificare con rigore l’efficacia dimostrativa delle prove offerte dal contribuente per ciascuna operazione e di dar conto espressamente in sentenza delle relative risultanze” (Cass. 30/062020, n. 13112).

Secondo quanto precisato dagli Ermellini “la disposizione non limita l’acquisizione della documentazione ai soli conti bancari formalmente intestati al contribuente sottoposto ad accertamento, sicché si deve ritenere estesa anche ai conti correnti intestati a terzi soggetti, ma alla condizione che, pur in mancanza della formale titolarità, il conto sia nella disponibilità di fatto del contribuente sottoposto a verifica fiscale”.

Del resto “L’onere probatorio relativo alla presenza di tali condizioni – formale intestazione ovvero disponibilità di fatto del conto – compete all’Ufficio; ove il medesimo sia stato assolto, opera la presunzione legale stabilita dall’art. 32, primo comma, n. 2, d.P.R n. 600 del 1973 secondo cui i versamenti e i prelievi devono essere considerati proventi dell’attività svolta dall’interessato, con spostamento dell’onere probatorio sul contribuente, al quale spetta fornire la prova contraria, dimostrando che si tratti di somme comprese nella determinazione del reddito o che non abbiano rilevanza reddituale” (Cass. 31/08/2022, n. 25663, Cass. 20/12/2018, n. 32974; Cass. 13/04/2012, n. 5849; Cass. 12/01/2009, n. 374).

La Corte, accolto il ricorso, ha quindi evidenziato il malgoverno dei suddetti principi operato dalla Ctr la quale non ha verificato – come era suo onere – che l’Ufficio avesse dato prova che i conti intestati a terzi fossero riconducibili all’attività imprenditoriale del contribuente.

 

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