Abuso del diritto ed elusione: confermata la liceità della soluzione negoziale non “patologica” che permette di risparmiare imposta.

by Luca Mariotti

Alla fine dell’anno passato abbiamo segnalato nelle news la Sentenza 05 dicembre 2014, n. 25758  con cui la Corte di Cassazione aveva ritenuto lecito  il risparmio fiscale ottenuto attraverso una impostazione negoziale non caratterizzata da un abnorme o distorto utilizzo degli strumenti giuridici impiegati, o dalla manifesta incompatibilità od incoerenza delle pattuizioni. Insomma, lo sviluppo negoziale di una certa operazione economica d’impresa, qualora rientrante nella normale prassi commerciale, avrebbe potuto far realizzare un risparmio di imposta senza configurare un comportamento abusivo.

Nella Sentenza 27 marzo 2015, n. 6226 si torna su queste argomentazioni e si conferma la precedente impostazione. L’abuso e l’elusione si verificano quindi con l’uso distorto degli strumenti negoziali, in ossequio alla giurisprudenza in materia della Corte di Giustizia UE.

I Giudici ribadiscono che “costituisce condotta abusiva l’operazione economica che abbia quale suo elemento predominante ed assorbente lo scopo elusivo del fisco, sicché il divieto di siffatte operazioni non opera ove esse possano spiegarsi altrimenti che con il mero conseguimento di risparmi di imposta; la prova del disegno elusivo, nonché delle modalità di manipolazione e di alterazione degli schemi negoziali classici, considerati come irragionevoli in una normale logica di marcato ed utilizzati solo per pervenire a quel risultato fiscale, incombe sull’Amministrazione finanziaria” (Cass. n. 21390 del 2012; Cass. n. 1465 del 2009; Cass. S.U. 23 dicembre 2008, n. 30055; Cass. 4603 e 4604/2014, nella quale ultima si è affermato che “il carattere abusivo va escluso quando sia individuabile una compresenza, non marginale, di ragioni extrafiscali, che non necessariamente si identificano in una redditività immediata, potendo consistere in esigenze di natura organizzativa ed in un miglioramento strutturale e funzionale dell’azienda”).

Elemento non marginale da tener presente in un accertamento su queste motivazioni è che l’Amministrazione finanziaria, per la Cassazione, ha l’onere di provare il disegno elusivo, nonché le modalità di manipolazione e di alterazione degli schemi negoziali classici, considerati come irragionevoli in una normale logica di mercato ed utilizzati solo per pervenire a quel risultato fiscale.

Viene altresì ribadito che “Non costituisce elusione la sola scelta del contribuente di non seguire l’opzione fiscalmente più onerosa”.

Altro passaggio rilevante è quello sull’obbligo del contraddittorio preventivo in accertamenti fondati su norme antielusive: “Va evidenziato che, mentre al comma 1 dell’art.37 bis in esame, si specifica, quali requisiti necessari per l’individuazione del comportamento elusivo, che l’operazione elusiva comporti un aggiramento “patologico” di norme tributarie, che attraverso essa si realizzi un risparmio d’imposta indebito e che la stessa operazione, complessivamente considerata, sia priva di valide ragioni economiche, nei commi 4 e 5 si tiene conto del diritto di difesa del contribuente, imponendosi il contraddittorio preventivo in materia di contestazioni di tipo antielusivo, la successiva motivazione dell’avviso di accertamento sulla scorta dei chiarimenti forniti in sede di contraddittorio preventivo e, dunque, in sostanza, la contestazione specifica dell’elusività dell’operazione ben prima dell’emissione dell’avviso di accertamento”.

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