Sequestro per equivalente per reati tributari: da revocare se gli organi della giurisdizione tributaria annullano l’accertamento.

by Luca Mariotti

La Corte di Cassazione, III Sez. penale, nella Sentenza n. 39187 del 28 settembre 2015 decide sul ricorso di un imputato per reati tributari cui il tribunale del riesame, decidendo in sede di appello cautelare ex art. 322-bis c.p.p., confermava il rigetto dell’istanza di dissequestro. Detta istanza poggiava sul fatto che alcune pronunce della Commissione tributaria regionale del Lazio avevano annullato gli avvisi di accertamento dell’Agenzia delle Entrate. A seguito di ciò l’Ufficio aveva poi provveduto allo “sgravio” di tutti gli importi di cui agli avvisi di accertamento in questione; infine anche il concessionario della riscossione Equitalia Sud, aveva rilasciato formale attestazione di inesistenza di debiti tributari.

 

In sintesi il ricorrente si duole dell’illogicità della motivazione in quanto il devolutum riguardava solo la sopravvenuta insussistenza dei presupposti legittimanti il mantenimento del sequestro per l’annullamento del debito, stante l’indebito arricchimento per l’Erario ed il venir meno dei presupposti giustificativi del sequestro. Secondo il ricorrente il Tribunale non aveva motivato su tale doglianza, limitandosi ad affermare che la posizione dell’indagato sarebbe ancora sub iudice, e, dunque, precaria, in quanto non essendo ancora definitivo il decisum della CTR il sequestro era da mantenersi attesa la sua strumentalità rispetto alla salvaguardia delle pretese erariali.
Secondo la Corte le censure del ricorrente colgono nel segno, soprattutto alla luce della giurisprudenza della Cassazione, che, sul punto, ha già avuto modo di pronunciarsi in fattispecie sostanzialmente analoga a quella in esame (Sez. 3, sentenza n. 37195 del 2014).
I Giudici rilevano la mancata valutazione da parte del giudice della cautela della questione del rapporto tra il sequestro e l’annullamento degli atti di accertamento da parte della Commissione tributaria regionale.
Nel caso di specie, infatti, l’intervenuto annullamento della cartella esattoriale, ancorchè con sentenza non definitiva, comporta il venir meno della pretesa tributaria (e, dunque, l’esistenza del profitto del reato, consistente nel delitto in esame nel valore dei beni idonei a fungere da garanzia nei confronti dell’amministrazione finanziaria che agisce per il recupero delle somme evase costituenti oggetto delle condotte artificiose considerate dalla norma: Sez. 3, n. 10214 del 22.1.2015 – dep. 11.3.2015), atteso l’intervenuto sgravio delle somme di cui all’avviso di accertamento. Quest’ultimo, in particolare, “renderebbe privo di qualsiasi giustificazione “allo stato” (secondo la peculiare natura del giudizio cautelare, necessariamente rebus sic stantibus) il mantenimento del sequestro in assenza dì qualsivoglia “attuale” pretesa erariale, sembrando non esservi infatti nell’attualità nulla da salvaguardare a seguito non solo dell’annullamento degli avvisi di accertamento ma anche del conseguente provvedimento di “sgravio” del debito tributario, ciò che manifesterebbe l’assenza, appunto, attuale, di pretese erariali, rendendo quindi illegittimo il sequestro funzionale alla confisca per equivalente di un profitto, in atto, inesistente”.

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