Crediti fiscali vantati da stati esteri e loro recupero in Italia: le regole.

by Luca Mariotti

Nella Ordinanza 11 aprile 2018, n. 8931 della Sezione Tributaria (Pres. e Rel. Crucitti) la Corte si occupa dell’individuazione dei limiti della giurisdizione italiana interna in ordine alla procedura di un credito fiscale vantato da uno Stato membro dell’Unione europea (nel caso specifico la Svezia) nonché dei requisiti della relativa cartella di pagamento.

Si ricorda al riguardo che la normativa italiana che legittima l’attività di reciproca assistenza nella riscossione trova riferimento principalmente nel d.lgs. 9 aprile 2003 n.6 che ha recepito la Direttiva 2001/44/CE del Consiglio di Europa. In base a tale normativa le contestazioni rilevabili, collegate alle irregolarità, solo formali, del procedimento di riscossione di un credito estero, possono essere soltanto quelle relative all’attività amministrativa finanziaria che procede (in questo caso italiana).

Le censure non possono estendersi alle sequenze procedimentali compiute all’estero; le contestazioni inerenti l’esistenza o l’ammontare del credito tributario devono quindi essere risolte dal giudice nazionale dello Stato ove è sorta l’obbligazione tributaria.

Dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 760 del 17/01/2006 in avanti si è consolidato l’orientamento per cui in materia di crediti per tributi sorti negli Stati membri della Comunità europea, le condizioni previste dall’art. 346 bis, secondo comma, lett. b), del d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43 (“ratione temporis” applicabile) non vanno accertate dall’Amministrazione italiana prima di procedere ad esecuzione forzata, ma devono essere solo attestate nella richiesta di assistenza reciproca avanzata dalla Amministrazione finanziaria dello Stato che ha emesso il titolo esecutivo.

Quindi, ove la richiesta contenga l’indicazione della data di esigibilità del credito, la dichiarazione di non contestazione del credito e del titolo esecutivo nello Stato emittente, nonché quella del mancato integrale recupero del credito in quello Stato malgrado l’azione esecutiva in esso intrapresa, l’Amministrazione italiana può dare corso all’azione di recupero, fermo restando che le contestazioni concernenti il merito dei suddetti elementi vanno indirizzate all’organo competente dello Stato creditore, poiché riguardano il titolo esecutivo estero e non la procedura di riscossione del credito in Italia.

Quanto poi al contenuto della cartella di pagamento, l’art.5, comma 5, del d.lgs. 69 del 2003, prevede espressamente che solo « la domanda di recupero di un credito deve essere accompagnata dall’originale o da una copia conforme del titolo esecutivo emesso nell’altro Stato membro e dagli altri documenti ritenuti necessari ai fini del recupero del credito».

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